Extinct Media Museum: il tempio giapponese dei formati perduti

Tra floppy, MiniDisc e Betamax: viaggio nel museo giapponese che custodisce i media dimenticati

In un’epoca in cui tutto viene digitalizzato e spinto verso il cloud, c’è un angolo del mondo dove il passato sopravvive con orgoglio. Siamo in Giappone, terra di tecnologia e nostalgia, dove esiste un museo unico nel suo genere: l’Extinct Media Museum.

Qui, ogni supporto dimenticato ha una seconda vita. Dai floppy da 8 pollici alle cartucce per MiniDisc, dai nastri Betamax ai formati più oscuri dell’era analogica, tutto è conservato, funzionante e… acceso. Perché i media non sono solo oggetti: sono contenitori di memorie, cultura e storia.

Noi di Retroacademy ci siamo innamorati a prima vista. E ora vi portiamo con noi in questo viaggio tra plastica, magnetismo e pixel sbiaditi.


Cos’è l’Extinct Media Museum

Situato a Chiba, non lontano da Tokyo, l’Extinct Media Museum è il frutto della passione di un solo uomo: Yoshihito Ota, tecnico e collezionista che ha deciso di trasformare il proprio archivio in un vero e proprio museo.

Il museo non è solo una vetrina: è un laboratorio attivo dove i visitatori possono toccare con mano, inserire cassette, avviare programmi da floppy e perfino ascoltare compilation su MiniDisc. Ogni macchina è restaurata, curata, e pronta a raccontare la sua storia.


Cosa trovi dentro

  • Formati video dimenticati: Betamax, VHS-C, Video8, U-matic, V2000
  • Supporti informatici: floppy da 5,25″, 8″, Zip Disk, SyQuest, Magneto-Optical, cartucce DAT
  • Audio retrò: MiniDisc, DCC (Digital Compact Cassette), cassette a nastro, microcassette
  • Console e lettori rari: Famicom Disk System, Neo Geo CD, lettori CD-i, Saturn VCD, e player di formati ormai perduti

Ogni oggetto è accompagnato da spiegazioni, demo funzionanti e in certi casi anche da giochi originali o software da provare.


Perché è importante

Viviamo in un’epoca di obsolescenza programmata. Ma dietro ogni “media morto” ci sono interi frammenti di cultura. Senza lettori, il contenuto è perso. Il museo combatte proprio questo:

  • Conserva supporti e lettori funzionanti
  • Documenta formati scomparsi e software dimenticati
  • Promuove la cultura della preservazione digitale e fisica

E non è un luogo per soli nostalgici: è un archivio vivente, una macchina del tempo che ci mostra quanto velocemente (e in che direzione) si è mossa la tecnologia.


Curiosità

  • Il museo ha ancora Macintosh SE, PC-9801, Sharp X68000 e altri computer rari giapponesi, tutti accesi e operativi
  • La sezione MiniDisc include una compilation personale del fondatore realizzata nel 1999
  • Hanno un laserdisc karaoke player ancora funzionante (con i microfoni originali!)
  • Ci sono floppy con giochi scritti a mano, versioni beta di software mai pubblicati e addirittura backup di riviste su cartuccia

Lo sapevi?

  • Il fondatore del museo, Yoshihito Ota, ha iniziato la collezione recuperando dispositivi destinati allo smaltimento.
  • Esistono sezioni dedicate anche a formati “quasi commerciali” come il Video CD e il Digital VHS.
  • Il museo include una vetrina interamente dedicata ai floppy colorati: usati per distinguere giochi, dati, utility e demo.
  • Alcuni dispositivi sono modificati per accettare supporti moderni, permettendo l’uso di contenuti d’epoca su schermi attuali.
  • Il museo collabora con scuole e università giapponesi per trasmettere la cultura della conservazione digitale.

Commento della redazione

“Se amate il retrogaming, l’informatica storica e il fascino della tecnologia scomparsa, questo è il vostro santuario. Altro che museo polveroso: qui i floppy girano ancora! Se passate per Tokyo, fateci un salto…”

 

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