Neuromancer: quando il cyberpunk entrò nei videogiochi

Neuromancer

Dal romanzo di Gibson al Commodore 64: come Neuromancer ha definito il cyberpunk nei videogiochi, tra hacking, IA e distopie digitali

Quando nel 1984 William Gibson pubblicò Neuromante, diede vita non solo a un capolavoro della letteratura, ma a un intero immaginario culturale. Il cyberpunk era nato. Pochi anni dopo, nel 1988, questo universo di intelligenze artificiali ribelli, corporazioni spietate e hacker solitari entrò ufficialmente nel mondo dei videogiochi, grazie all’omonimo titolo pubblicato da Interplay per Commodore 64, Apple II e MS-DOS.

Il Gioco: Neuromancer su C64 e DOS

Il gioco di Neuromancer è un’avventura grafica con elementi da gioco di ruolo e hacking simulation. Nei panni di un “console cowboy”, il giocatore esplora una versione decadente di Chiba City, si infiltra nelle reti informatiche globali e affronta intelligenze artificiali pericolose. Il titolo si distingue per la sua fedeltà tematica al romanzo originale e per una struttura pionieristica nel rappresentare il cyberspazio.

Con una colonna sonora adattata dal brano dei Devo e dialoghi densi di riferimenti alla cultura hacker e ai temi distopici, Neuromancer anticipa molti tratti che diventeranno ricorrenti nei giochi cyberpunk futuri.

Il Cyberpunk nel Mondo Videoludico

L’influenza del cyberpunk nei videogiochi si è manifestata in titoli iconici che spaziano dagli anni ’80 fino ad oggi:

  • Snatcher (1988): Hideo Kojima mescola Blade Runner e Gibson in un’avventura testuale su MSX2 e poi su Mega-CD.
  • Syndicate (1993): gestione strategica e distopia urbana, firmata Bullfrog.
  • Deus Ex (2000): il connubio perfetto tra shooter, RPG e teoria del complotto.
  • System Shock e System Shock 2: pionieri dell’immersione in mondi cyber distorti.
  • Observer (2017): con Rutger Hauer protagonista, è un tributo esplicito al genere.
  • Cyberpunk 2077 (2020): la summa moderna, tra eccessi tecnici e fedeltà stilistica.

Curiosità

  • Il gioco Neuromancer fu uno dei primi a introdurre una mappa virtuale del cyberspazio navigabile, anticipando il concetto di metaverso.
  • La musica del gioco include un adattamento del brano “Some Things Never Change” dei Devo, mai pubblicato ufficialmente come singolo.
  • Il manuale del gioco era scritto come un vero e proprio diario hacker, con indizi nascosti in stile ARG (alternate reality game).
  • Interplay inserì nel codice del gioco diversi easter egg con riferimenti a Gibson, Philip K. Dick e Blade Runner.
  • La versione Apple II fu la meno venduta, mentre la più apprezzata dai fan resta quella per Commodore 64 per l’ottimo uso del SID.

Perché Neuromancer è Ancora Importante

Anche se meno noto al grande pubblico, Neuromancer ha gettato le basi per un modo di raccontare il cyberpunk nei videogiochi: mondo aperto e connesso, identità fluide tra reale e virtuale, intelligenze artificiali come antagonisti, hacking come meccanica chiave.

Elementi oggi considerati standard nei giochi sci-fi più sofisticati, ma che nel 1988 erano pura avanguardia.

“Neuromancer non è solo un gioco tratto da un romanzo: è un manifesto digitale del cyberpunk. Riscoprirlo oggi significa tornare all’origine di un’estetica e di una narrazione che continuano ad affascinare generazioni di videogiocatori e creativi”

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