Dai giochi in scatola alla realtà virtuale: l’eredità di Jumanji

Nel 1995, Jumanji portava sullo schermo un gioco da tavolo che diventava realtà. Oggi, tra realtà aumentata e gaming immersivo, il suo messaggio è più attuale che mai.
Nel 1995, mentre il mondo scopriva Windows 95 e si affacciava su Internet con i primi modem gracchianti, nelle sale esplodeva Jumanji, un film che portava sul grande schermo una semplice ma geniale premessa: e se un gioco da tavolo potesse cambiare la realtà?
Oggi, a 30 anni esatti dalla sua uscita, Jumanji non è solo un cult dell’avventura family anni ’90, ma anche una riflessione precoce su temi che oggi rimbombano nella nostra epoca digitale: l’immersione totale, la gamification della realtà e il labile confine tra gioco e vita vera.
Il gioco in scatola più pericoloso del mondo
Il cuore pulsante del film è proprio lui: Jumanji, un board game in legno scolpito, che emette rulli di tamburi e trasforma il salotto di casa in una giungla viva. Elefanti, liane, cacciatori impazziti e tempeste monsoniche: ogni turno del gioco si manifesta nel mondo reale.
Nel 1995, l’idea che un gioco potesse “uscire dallo schermo” sembrava pura fantasia. Eppure oggi, tra realtà aumentata, escape room digitali e giochi da tavolo ibridi (come Chronicles of Crime o Unlock!), il concetto di esperienza immersiva è diventato la norma.
Dal tavolo al digitale
Nel corso degli anni, Jumanji ha ispirato diverse incarnazioni videoludiche — su PC, console e mobile — fino a una rivisitazione cinematografica in chiave videogioco retro-style con The Rock e Jack Black. In quelle versioni moderne, i personaggi vengono risucchiati dentro il gioco, invertendo la formula originale. Il concetto? Lo stesso: l’irreversibile fusione tra mondo virtuale e reale.
Nel 2025, siamo ben oltre: tra il boom delle VR room, gli headset Meta Quest 3 e i giochi che “leggono” l’ambiente (ARKit, Hololens), vivere l’avventura in prima persona è diventato realtà. Ma Jumanji ci aveva già messo in guardia: non si gioca con la realtà senza pagarne il prezzo.
Da gioco in scatola a console retrò: Jumanji cambia forma
Nel sequel Jumanji: Welcome to the Jungle del 2017, il gioco si adatta ai tempi: non è più un board game, ma una misteriosa console in stile retrò, con tanto di cartuccia, design anni ’90 e un look ispirato alle classiche piattaforme da salotto. Il passaggio è simbolico: il gioco evolve insieme al pubblico.
La console non ha un modello reale ufficiale, ma richiama alla mente una fusione tra Atari 2600, NES e persino Neo Geo per il design angolato e il colore nero. Una scelta voluta dagli scenografi per evocare quel senso di nostalgia in chi è cresciuto con joystick a 8 bit e grafiche pixelate.
Il richiamo alla cultura retro è evidente: come se Jumanji sapesse che per attirare nuovi giocatori doveva reinventarsi, proprio come ha fatto il mondo del gaming — passando da tabelloni fisici a mondi digitali e ora alla realtà virtuale.